Domenico Quirico & Pierre
Piccinin da Prata, Il Paese del Male (152 giorni in ostaggio in Siria).
Nella storia della letteratura, numerose sono le pagine capaci di condurre il lettore davanti all’«ineffabile vergogna», al mistero di «incomprensibile e cieco dolore» del
Male.
Nulla però eguaglia per potenza narrativa le pagine di coloro che hanno realmente vissuto l’offesa del Male; gli eventi, le azioni, i piccoli gesti in cui si manifesta; l’umiliazione, per dirla
con Primo Levi, di poter morire «per un pezzo di pane» oppure «per un sì o per un no».
« Per conoscerlo, il Male, venite con me nelle stanzette sudice, nella botola infame e nelle
luride prigioni dove dei siriani tenevano sempre la luce accesa perché la voglia di dormire, irresistibile e agognata, venisse interrotta e pesasse tanto da far dimenticare tutto e ogni cosa.
Conoscerete gli uomini che mi hanno umiliato, in quanto occidentale e in quanto cristiano, per cinque mesi, imponendomi una solitudine insoffribile. »
Il 6 aprile 2013 Domenico Quirico e Pierre Piccinin da Prata imboccano un
sentiero pietroso che serpeggia tra le montagne e i ciliegi in fiore piantati sui contrafforti dell’Anti-Libano e penetrano in Siria. Sono in compagnia di coloro di cui vogliono narrare le
gesta: i miliziani dell’Armata siriana libera, gli oppositori di Bashar Assad, i ribelli, i rivoluzionari. Al loro passaggio i petali bianchi si staccano dagli alberi e fluttuano nell’aria
fresca della primavera.
Qualche giorno dopo, nei pressi della città di al-Qusser, in una notte buia in
cui nulla sembra vivere, l’Armata siriana libera li consegna a un gruppo di incappucciati che, sparando raffiche di mitra, li trascinano sul loro pick up.
Seguono cinque mesi di strazio e di ira, di furia e rancore, di miserevole
ingiustizia, resa ancora più tale perché inflitta da coloro che si credevano amici. Mesi trascorsi in stanzette sudice, in botole infami e luride prigioni, dove la luce è sempre accesa perché
la voglia di dormire pesi tanto da far dimenticare ogni cosa; e dove il carceriere ordina di ripetere complicate parole arabe, mulinando il bastone, oppure si diverte a fingere di sparare alla
tempia del prigioniero prima di andare a dirigere la preghiera, in prima fila, al suo Dio.
Mesi in cui si diventa non il Nemico da rispettare, ma il Cristiano da disprezzare, l’Occidentale da schernire con un riso stridente e lacerante; mesi in cui non resta che la nausea di
appartenere al genere umano.
Le pagine che seguono sono la cronaca sconvolgente di questa prigionia. Sono pagine
che colpiscono al cuore e, ad un tempo, insegnano qualcosa di fondamentale: che non possiamo volgere lo sguardo altrove se, non lontano da noi, l’orrore della guerra è penetrato a tal punto
nell’animo degli uomini da trasformare un paese intero in una terra desolata in cui il male «dispiega tutti i suoi stati; l’avidità, l’odio, il fanatismo, l’assenza di ogni misericordia», e in
cui «persino i bambini e i vecchi gioiscono ad essere cattivi».
Domenico Quirico è giornalista de La Stampa, responsabile degli esteri, corrispondente da Parigi e ora inviato. Ha seguito in particolare tutte le
vicende africane degli ultimi vent’anni dalla Somalia al Congo, dal Ruanda alla primavera araba. Ha vinto i premi giornalistici Cutuli e Premiolino. Ha scritto quattro saggi storici per
Mondadori (Adua, Squadrone bianco, Generali e Naja) e Primavera araba per Bollati Boringheri. Presso
Neri Pozza è uscito da poco Gli Ultimi. La magnifica storia dei vinti.
Pierre Piccinin da Prata, storico e politologo, specialista del mondo arabo-mussulmano, si è occupato di tutte le rivoluzioni della Primavera Araba. Ha effettuato otto viaggi in Siria
dall'inizio dei disordini e nel maggio 2012 è stato arrestato dai servizi segreti del regime e torturato nelle prigioni di Homs e Damasco. Collabora con diversi quotidiani e periodici e ha
pubblicato La bataille d'Alep (L’Harmattan, 2012), Avec les
combattants en Syrie (La Boîte à Pandore, 2013) e Tunisie, du triomphe au naufrage. Entretiens avec le Président Moncef Marzouki (L’Harmattan,
2013).